Pubblichiamo il comunicato di CGIL e UIL-BACT sulla Biblioteca dell’Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte di Palazzo Venezia a Roma
Una clausola dell’art. 39 del disegno di legge di bilancio (n.2960) in discussione al Senato prevede che il ministro dei Beni culturali è autorizzato a trasformare in apposita fondazione di diritto privato la Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte del Ministero dei beni culturali. La biblioteca ha già dovuto subire una incongrua riforma che l’ha sottratta al sistema delle biblioteche statali dipendenti dall’apposita direzione e l’ha del tutto impropriamente inserita nel Polo Museale del Lazio, quasi fosse una mera biblioteca di servizio interno a un museo e non una storica e prestigiosa biblioteca statale di livello internazionale, la prima in Italia per questo settore disciplinare, avente sede da oltre un secolo nel Palazzo Venezia, cosa che fra l’altro le ha anche sottratto la titolarità delle importanti risorse di cui fruiva per il suo funzionamento.
La nuova operazione configurata dalla predetta clausola appare del tutto incomprensibile nel contenuto e certamente del tutto controproducente sul piano della politica di fruizione pubblica dei beni culturali. Non si comprende infatti con quali risorse proprie la nuova fondazione potrebbe finanziare le attività di servizio istituzionali, dato che una biblioteca ordinariamente fruisce delle ben scarse risorse delle riproduzioni; in tali condizioni la Prefettura non potrà nemmeno riconoscerne la personalità giuridica, cosa che secondo il codice civile è possibile solo a condizione che il suo patrimonio si sufficiente a finanziarne tutte le attività istituzionali; in caso contrario la fondazione sarebbe un ente del tutto fittizio, improprio e contrario ai principi dell’ordinamento, cioè un ennesimo modo di far spendere risorse pubbliche a un ente privatizzato al difuori dei controlli ordinari vigenti per gli organi statali.
Anche sul piano della politica di fruizione dei beni culturali si deve registrare questa iniziativa di scorporo e “privatizzazione” di un importante istituto del Ministero anzitutto come un passo significativo verso la frammentazione e dismissione dell’organizzazione statale di fruizione assicurata dal Ministero sotto il profilo dell’omogeneità normativa, gestionale e di livello di qualità del servizio pubblico su tutto il territorio.
Non ultima sarebbe la conseguenza dell’espulsione del personale statale dalla fondazione privatizzata, che costituirebbe una ulteriore grave frammentazione della gestione del sistema bibliotecario e aprirebbe le porte a forme di precariato del tutto inaccettabili.
Si chiede pertanto di rivedere non solo questa misura del tutto impropria e controproducente, ma la stessa politica della fruizione, che deve invece confermare il ruolo primario dello Stato nell’assicurare in modo omogeneo su tutto il territorio anche dal punto di vista organizzativo le forme di fruizione e valorizzazione del patrimonio statale più adeguate alla necessaria tutela dei beni nel pieno effettivo rispetto dello spirito dell’art. 9 della Costituzione.